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Net-imprenditori all’italiana, che fatica!

Intervista di Alberto Bregani Web Marketing Tools , 2000 

“Se visione degli obiettivi e determinazione imprenditoriale sono caratteristiche comuni ad ogni impresa, l’individuazione di investitori pronti a scommettere sulle nuove idee e la chiara comprensione delle scelte di marketing e comunicazione sono competenze che l’economia in Internet ha modificato, richiedendo ruoli e approcci professionali diversi dagli attuali partner di consulenza.” Queste, le prime parole che si leggono sfogliando la presentazione di Biz2000

“L’integrazione di tutti gli elementi garanti del reale successo della nuova impresa ha una definizione: la Marketing Venture, ossia la partecipazione e la condivisione da parte di essa delle opportunità e dei rischi della nuova impresa per il lancio e lo sviluppo dell’idea di business.” E queste, le parole che la chiudono.

In un mondo in subbuglio, qual è quello dell’Internet economy, pieno di idee valide ,ma anche di “bufale” travestite da start-up company,   un mondo in cui le idee sono molte di più degli imprenditori o, comunque, delle persone che le sanno poi lanciare e gestire, ci è sembrato interessante parlare con Andrea Giovenali, Ceo di Biz 2000, la prima società di Marketing Venture italiana per vedere, dal suo privilegiato osservatorio, come si sta muovendo il mondo delle start-up italiane e per avere qualche utile consiglio su come affrontare i mesi che verranno.

Net-imprenditori all’italiana. Che fatica!

WMT – Come diceva una canzone di qualche anno fa ” l’estate sta finendo”; poi continuava con ” ..e un anno se ne va…”  Andrea, cosa ci lasciamo alle spalle entrando in questo autunno?

Andrea Giovenali – Ci lasciamo alle spalle un’estate con toni grigi nella quale è sembrato che improvvisamente, ancor prima d’iniziare, il fenomeno della net-economy italiana fosse finito. Le docce gelate di un mercato borsistico fluttuante e scettico, le “.com’s” d’oltreoceano che “floppavano”, i venture capitalist italiani di manica strettissima, un insistente ricorrere del concetto che la new-economy non esiste, ed è solo la old che deve cambiare pelle.

WMT – Abbiamo corso un po’ troppo?

Andrea Giovenali – Mah, forse ci siamo affascinati troppo in fretta ad un fenomeno che, durando ben più di tre anni in USA e poco meno in alcuni paesi europei, ha distribuito opportunità di nuova imprenditoria e di successo – prima ancora che di ricchezza -, ma che se analizziamo con attenzione si è sviluppato all’interno dei principi e con le regole che caratterizzano proprio ogni singolo paese. Allora, senza troppo sconforto o piaggeria, dovremmo ancora credere nello sviluppo di nuove opportunità anche per noi italiani come risultato di questo fortissimo vento di innovazione che, finalmente, è arrivato a soffiare anche da noi. Dobbiamo solo interpretare la net-economy in salsa di pomodoro, ovvero all’italiana, per poter sfruttare questo momento, e non credere che liberismo di mercato all’americana, facile accesso a capitali di rischio o adozione di Internet da parte del 50% della popolazione siano realtà italiche, non è così. Almeno per ora.

Dall’idea all’impresa…che è già una bella impresa!

WMT – Puoi darci alcuni spunti e stimoli per cavalcare la net-economy senza esserne “disarcionati” nei prossimi 12 mesi?

Andrea Giovenali – Come prima cosa direi di   smitizzare il collocamento al Nuovo Mercato. Un’idea che diventa una nuova impresa è uno dei risultati più alti a cui si possa conseguire in Italia, un paese non facile dal punto di vista delle regolamentazioni, dell’accesso a risorse finanziarie, della pesante fiscalità. Non pensare che la neonata società debba andare a collocarsi in borsa dopo 6 mesi ( fatto abbastanza improbabile per la quantità di richieste che intaseranno gli organismi di decisione nei prossimi mesi e di un logico irrigidimento dopo alcuni “bagni di sangue” della primavera)   rende più chiaro il fatto che la nuova impresa debba trovare il modo di camminare prestissimo con le proprie gambe, cioé avere un conto economico che sta in piedi. Se così non è nelle previsioni, è probabile che si abbia un’idea sbagliata per l’Italia, rispetto alla quale non esiste la possibilità di accollarsi tempi lunghi per il break-even. Chi trova appoggio nel mercato in USA per sperimentare nuovi modelli di business, lo fa da tre anni o più e a tutt’oggi ancora, in molti casi, deve dimostrare la bontà delle sue teorie. Prendersi la briga di sperimentare tre anni più tardi un modello d’impresa che qualcuno ha già fatto non gode di nessuna credibilità in Italia, e non solo qui.

WMT – Quali sono le prospettive di sviluppo di una “.com” italiana?

Andrea Giovenali – Per lo sviluppo di una .com italiana è importante garantire una sostenibilità del modello di business in tempi più brevi: pensare che perdere dei soldi di altri non sarebbe lo stesso se fossero vostri, progettare un’impresa di respiro almeno europeo, e che nel futuro può, e deve, sempre esistere un M&A, ovvero la possibilità che l’impresa venga acquisita o fusa. Attenzione però! Pensare che il modello della PMI italiana sviluppatasi nella real-economy sia applicabile alla net-economy è un errore. Per una .com servono diversi approcci culturali all’impresa, come un’immediata vocazione internazionale, competenze integrate e complete da subito, una propensione al partnering e al networking d’impresa. La net-economy chiede a noi italiani di essere un po’ più internazionali e moderni dei nostri padri.

Denaro di rischio, ma intelligente.

WMT – I soldi, i “mitici” soldi. Si dice che ora sia più facile trovare i soldi che non le idee… Raccontaci qualcosa sul “capitale di rischio”

Andrea Giovenali – Bisogna partire dal presupposto che nel nostro paese non è mai esistita una cultura del capitale di rischio, o almeno non è sicuramente paragonabile a quella americana come anzianità e radicamento sociale. Questo tipo di finanziamenti hanno mosso i primi passi solo da un paio d’anni in Italia e questo mercato deve rinforzarsi e crescere esattamente come quello a cui dovrebbero essere destinate molte delle sue risorse.

WMT – La leggenda narra che anche in Italia i soldi, quando si ha una buona idea, non mancano…

Andrea Giovenali – Forse è vero, ma una buona idea non ha bisogno di soldi “qualunque”, ma di soldi “intelligenti” che aiutino velocemente l’impresa a crescere. Guarda ai casi di Tiscali e Ebiscom , sono sicuramente casi destinati a restare unici in Italia per il tempismo e per la capacità di sfruttare l’opportunità, ma che hanno aggregato un bel mix d’ingredienti e capitali vincenti.

WMT   – E chi sono , quindi, questi particolari “dispenser” ?

Andrea Giovenali – Per sviluppare la propria impresa servono sicuramente i venture capitalists, i business angels, istituzioni di private equity, ma anche la tradizionale banca dell’angolo che, con qualche fidejussione di troppo, consente però di mettere in moto il motore della nuova impresa. Se si ha il timore riprendersi impegni con un affidamento bancario, probabilmente non si hanno tutti i numeri a posto per essere imprenditori in Italia, perché il denaro passa sempre prima dalle banche nel nostro paese, e comunque un VC riuscirebbe difficilmente a concedere la sua fiducia.

WMT – Detto ciò?

Andrea Giovenali – Detto ciò, le casse dei fondi europei sono stracolmi di capitali, e gli ultimi mesi hanno rallentato il loro investimento. Se esistono due cose che un gestore di fondi deve evitare è quella di non far rendere il denaro, e anche quella di non riuscire a investirlo; e siccome i fondi hanno una scadenza temporale, è verosimile pensare che il flusso più o meno attento di investimenti tornerà a muoversi. Ci si deve solo preparare con una sensata e credibile proposta per veicolare un po’ di questi denari anche sulla propria idea.

La tecnologia abilita l’impresa, non è la sua strategia.

WMT – Quanto incide la tecnologia nel piano di una start-up. E’ veramente un punto così nodale?

Andrea Giovenali – Vedi, il dilemma della tecnologia si abbatte come una scure sulle strategie e sulle risorse iniziali di una .com ai suoi primi passi. Ho visto business plan che valutavano 10 volte il costo delle tecnologie necessarie a sostenere il progetto, ma anche imprenditori che pensavano di andare in Europa con il sito fatto dall’amico, che molto spesso è un fornitore d’accessi Internet della prima ora e che prima di contribuire allo sviluppo di una nuova impresa, ha più a cuore di salvare la sua da morte certa.

WMT – Come affronteresti Tu, quindi, la questione tecnologica? Hai una lista di “dritte” da regalare ai lettori di WMT?

Andrea Giovenali – Si,   certo: – ) La valutazione della tecnologia richiede alcuni piccoli principi- o “dritte” come dici Tu – utili a non impantanarsi strada facendo e a non affogare nel mare di proposte. Per prima cosa: un partner competente e onesto. E non dico non onesto in termini di soldi, ma nel consigliarvi come muovervi: in-house, outsourcing, sviluppo del codice, acquisto di piattaforme ecc. Per lui spazio di guadagno e lavoro ce ne sarà sempre, qualsiasi sia la vostra decisione. Quelli che tendono a prendersi tutto, non solo creano una pericolosa dipendenza all’impresa, ma scarseggiano di credibilità professionale. Le esperienze di questi ultimi anni mi hanno insegnato che, molto spesso, è inutile investire nello sviluppo di una soluzione tecnologica ex-novo, perché esiste già tutto fatto o semplicemente da personalizzare, e perché i system integrator o le agenzie web nostrane non vantano sempre competenze sufficienti – ovvero esperienze già fatte – e perché in California esiste sempre una società con 400 persone che fa solo quello di cui avete bisogno dalla mattina alla sera. Quindi, prima di entrare nei requisiti e nelle specifiche tecnologiche di quello che avete bisogno – java di qui, linux di là, NT di sopra, C++ di sotto ecc.-, la decisione è prima di tutto imprenditoriale, e deve tenere conto di plus e minus sui tempi, costi, affidabilità e minacce varie. Non è detto che un marketplace b2b si possa sviluppare su una piattaforma temporanea, per poi migrare in tempi più certi su cose più solide. Non dimenticate che è l’imprenditore che si accolla i rischi, non il partner che chiede centinaia di milioni – qualche volta miliardi – per sviluppare una cosa che non risponde ai requisiti d’impresa.

Dall’idea al mercato

WMT – Ma in America….

Andrea Giovenali – Già, in America ….   Direi che anche la “tecnocentricità” delle “.com’s” americane è qualcosa che non risponde alle caratteristiche di una start-up italiana. Per noi è più importante come entrare e stare nel mercato, che non avere una tecnologia iper-scalabile e costosa. L’Italia è l’ultima delle grandi nazioni ad essere lambita dal mare di Internet, per cui resta molto poco da inventare e quello che c’é deve essere portato subito a detenere e conquistare una quota nel mercato. Un mercato che non è il nostro paesotto , ma molto spesso l’Europa o il mondo intero.

WMT – Dall’idea al mercato: qual’è o quali sono i passi che voi in Biz2000 mettete nella vostra “To-Do-List”?

Andrea Giovenali – Esiste un buon motto che in Biz2000 adottiamo per le idee “uniche e straordinarie” – quelle per le quali è ostinatamente richiesto dal proponente di firmare un Non Disclosure Agreement – e cioé che nell’esatto momento in cui ci vengono presentate, ci sono almeno altre cinque persone che stanno pensando di fare la stessa cosa nel mondo, se non l’hanno già fatta. Allora, la differenza è come portare l’idea sul mercato prima di altri, e più efficacemente. A tale riguardo si ritiene che la comunicazione, molto spesso confusa con il marketing, sia la leva necessaria e sufficiente per garantire il successo allo start-up. Portare un’impresa nel mercato ha a che fare con il marketing, cioè quella disciplina professionale che Kotler ha forgiato, e che oggi si sta rivedendo e aggiornando, ma che nei principi di base prevede sempre il mercato come ultimo e determinante giudice di un’impresa. Qualcuno mi ricorda a buona ragione che in Italia tutti sanno fare il marketing e la pubblicità, sarà perché siamo il paese della Tv e perché ci riesce facile per natura comunicare, sbracciando e urlando. Purtroppo non è vero.

WMT – Quali sono i problemi maggiori che riscontrate nei Neo-managers che mettono le loro idee, business plan e piani strategici relativi sul vostro tavolo?

Andrea Giovenali – Molti neo-imprenditori provengono da ampie culture e ricche esperienze, ma che non prevedono la conoscenza del marketing. Il risultato è che se si riesce a lanciare l’impresa in virtù della propria forza, senza dotarsi di strategie opportune di mercato, quando comincia la competizione l’impresa soccombe, e la competizione per uno start-up non è solo quella riferita ai propri clienti, ma anche all’accesso delle risorse finanziarie che permettono all’impresa di operare e sopravvivere. Non è un caso che in Italia siano nati in contemporanea e nella stessa città di Milano almeno quattro servizi di delivery della spesa a casa, un business difficilissimo e competitivo, e magari nessuno di quegli imprenditori pensava di essere in compagnia di altri al momento del varo del progetto.

WMT – E’ una valutazione, questa, facilmente riscontrabile in altri settori. Basta prendere, per esempio, il mondo della salute e del benessere oppure dell’auto: entrambi sono letteralmente esplosi prima dell’estate …

Andrea Giovenali – Esattamente: la comunicazione è una leva importante ma non ha bisogno di soldi in quantità, bensì competenza, visione strategica e creatività. Lo dimostrano i casi di nuove imprese di trading online e portali, che dopo aver speso decine di miliardi in comunicazione, non solo non hanno acquisito uno spazio di leadership reale nel mercato, ma hanno generato una notorietà al proprio marchio solo di qualche punto percentuale, in molti casi sollecitata, non spontanea. Anche quelle società forse credevano di saperne di marketing, e il risultato è che hanno aperto il mercato ai followers, anziché dominarlo. I trend psico-sociali non si possono forzare a suon di miliardi e le curve di adozione di nuovi servizi Internet in Italia pagano lo scotto della cultura del paese. Ne sanno qualcosa i Venture Capitalist americani che dopo aver fatto bruciare invano dalle nuove imprese milioni di dollari in marketing, si stanno munendo di competenze interne o consigliano caldamente i loro imprenditori di farsi affiancare da società competenti.

Il reticolo di competenze e relazioni

WMT – …della serie ” è finito il tempo del “do it yourself…”

Andrea Giovenali – Assolutamente si,   …da soli non si va lontani. Questo sicuramente ce lo insegnano i primi anni di Net-economy americana ed europea. In un mercato nel quale si predica l’alleanza strategica con i propri concorrenti, pensa un po’ cosa si possa riuscire a fare da soli. Internet come mercato della nuova impresa è un ambiente troppo vasto e troppo in movimento, perché la nuova “.com” possa avvantaggiarsi con tempismo dei mutamenti, delle alleanze, delle semplici notizie che possono contribuire a cambiare la strategia e la visione di una società. Accordi che si intersecano, mode che vanno e che vengono a riguardo di tutto – tecnologia, modelli di business, finanziatori ecc. -, l’andamento delle borse, gli utenti che cambiano, sono solo alcune delle mille variabili che ogni giorno emergono come fattori esterni e intervengono, potenzialmente, a creare opportunità o minacce all’impresa. Una società che nasce non ha risorse umane e centri di competenza sufficienti a catturare ed elaborare gli stimoli esterni per poterli valutare ai fini della strategia. Si possono allora fare due cose:   affidarsi al caso, al fato e al buon senso, o favorire la costituzione attorno alla nuova impresa di un reticolo di relazioni e competenze che le permetta di non viaggiare “a vista”. Non è impossibile che con il primo comportamento si possa arrivare fino a un certo sviluppo della società.

WMT – Beh, con tutta la necessità di specificità che richiede l’Internet Economy la creazione di relazioni mi pare il minimo…

Andrea Giovenali – Si , ma non pensare che sia così ” naturale” questo pensiero: alcuni strategist di Internet ritengono che   lavorare a testa bassa e senza farsi distrarre da fattori esterni sia un buon modo di operare. La mia esperienza mi dice che ciò è giusto in parte, e che se non ci si guarda un po’ intorno si corre anche il rischio di far passare i treni della vita senza esserci saliti sopra, o che ci si possa schiantare a duecento all’ora contro un muro.

WMT – Gia letto da qualche parte . .. J (relativamente ..al muro..) Che dire quindi ai nuovi imprendotori?

Andrea Giovenali –   ..Che una nuova impresa richiede competenze articolate e integrate, partner esterni affidabili e che siano pronti a scommettere con l’imprenditore sulle opportunità e rischi dell’impresa. Ai nuovi imprenditori direi …cercate relazioni qualificate e che possano accelerare lo sviluppo su vari piani, quello finanziario, tecnologico, marketing o semplicemente lobbistico, se vi siete messi in testa di fare qualcosa di più grosso di voi. Identificate partner che non prendano solo soldi, ma che siano intenzionati a generare valore sul valore, che scommettano sui risultati una parte rilevante del proprio fatturato, e che in virtù della nuova esperienza magari rinuncino anche a un po’ di guadagno o a ottenerlo più grande più avanti, insieme a voi. E Se avete la sensazione, aldilà di un poco sano preconcetto contadino che dovreste rimuovere, che gli altri vi stiano deprivando di risorse anziché apportarvele, cambiate strada subito, non indugiate. Le .com americane nei loro primi anni di vita hanno cambiato decine di partner esterni, fino a trovare quello che premiava la strategia d’impresa. Il tempo per uno start-up è un fattore altamente critico e rischioso, i partner devono servire a ridurlo, non a complicarlo.

WMT – …Networking ...

Si, Certo! Un buon reticolo di relazioni e competenze esterne all’impresa – appunto il networking – è prima di tutto un sistema che imprime velocità e pragmatismo alla capacità di raggiungere gli obiettivi ed è anche un modo per ricordare all’imprenditore distratto che non si deve mai defocalizzare, ma al massimo confrontare con gli eventi;   e che permette di ridurre enormemente il fattore di rischio, frazionandolo e distribuendolo su vari attori. Per questo il mio suggerimento è anche quello di allargare il proprio board a persone di statura sul mercato, apportatori e facilitatori di business, costruendo un sistema d’impresa che abbia le sue diramazioni in molti settori, soprattutto quelli strategici per la società. Quindi non solo le finanze, ma anche la logistica, i public affaire, o il media.

Popolo di contadini o navigatori?

WMT – Un’ultima tua personale considerazione prima di salutarci…

Andrea Giovenali – Quando mi sento dire che in Italia si cercano aziende hi-tech da finanziarie penso che sia come credere che un panettiere possa fare il muratore. L’Italia non è un paese dal quale nascono prodotti hi-tech, e molte battaglie e competizioni sono state mestamente perse negli anni. Far nascere un’impresa nell’era di Internet può trarre più beneficio dalle nostre tradizioni che da quelle di altri paesi.      Allora, mi domando, è bene che un italiano faccia riferimento alle sue tradizioni contadine o marinare, per raccogliere frutti e navigare nella Net-economy? Probabilmente si, prendendo un po’ di entrambe; anzi, suggerirei di essere un po’ contadini nella gestione, parsimoniosi, prudenti e rispettosi degli eventi, e sicuramente marinai nella visione e nelle strategie. Provate a immaginarvi skipper in una regata e vedrete che essere imprenditori, anche se non l’avete mai fatto, sarà più facile, magari non a vincere, ma a governare i venti e le correnti, coordinare l’equipaggio e a portare la vela intera al traguardo, per poter dire: “Nella Net-economy? C’ero anch’io”.

WMT – ..dopo le avventure di “Luna Rossa” penso che il Tuo esempio possa essere facilmente preso in considerazione. Grazie Andrea. A presto.