Tempo Economico 2005
La Rete come strumento per la divulgazione e gestione delle emergenze planetarie
Nel mio contributo di gennaio a questo giornale auspicavo giorni migliori per il 2005. Mai auspicio è stato più opportuno alla luce di quello di cui ero ancora inconsapevole e che sarebbe avvenuto dopo qualche giorno dalla preparazione del mio articolo, cioè la tragedia del Sud-Asiatico.
Già durante l’attacco alle Torri Gemelle del 2001 capimmo che ruolo poteva svolgere Internet in frangenti così drammatici della storia, ma la portata e il coinvolgimento globali di danni umani e materiali del maremoto di dicembre, hanno ulteriormente rinforzato l’importanza della Rete come strumento per la gestione delle emergenze planetarie.
Con Internet sono state divulgate immediatamente le prime notizie ed immagini del dramma, battendo in velocità di cronaca le televisioni, azzoppate da un’ondata che ha travolto le infrastrutture e gli impianti di trasmissione. Lo tsunami ci ha ricordato da quali principi era nata Internet più di trent’anni fa, cioè poter contare su una rete di trasmissione dati e informazioni capace di sopravvivere alle conseguenze di conflitti nucleari. E quello che abbiamo visto dopo il passaggio dell’onda non era molto diverso dagli scenari giapponesi del ’45.
Questa caratteristica di Internet ha consentito di stabilire i primi contatti e le richieste di emergenza sanitaria nelle ore successive al disastro, proprio in prossimità dei luoghi colpiti, innescando due fenomeni spontanei: la ricerca di contatto con i dispersi e la raccolta di fondi e aiuti da ogni luogo della terra.
La mobilitazione del pianeta ha preso forma nei modi più vari, dalla costituzione di forum spontanei nei quali pubblicare richieste di aiuto, ricerche di dispersi, appelli di varia natura, fino alla nascita spontanea di siti dedicati a facilitare le comunicazioni e il reperimento di fonti di contatto utili alle persone, come quello di Valerio, un ragazzo umbro, che ha smantellato il proprio sito dedicato ai Simpson per dedicarsi alla causa dello tsunami.
Quando gli effetti hanno preso forma, Internet è stato il luogo deputato alla triste conta dei feriti, morti e dispersi, ma anche dell’archiviazione dei nomi dei degenti o quella fotografica dei cadaveri, che ha offerto a molte famiglie occidentali una speranza di poter recuperare un disperso, o almeno di poter piangere sul corpo dei propri cari. Questa galleria dell’orrore causato dal cataclisma, ha anche spinto la sensibilità dell’altra parte del mondo alla più grande rincorsa contro il tempo nell’organizzazione di aiuti e raccolta di fondi per le popolazioni.
Mentre i governi dei paesi non colpiti dalla devastazione si affannavano in fitti contatti diplomatici, appelli cautelativi e proclami di aiuti economici, la macchina spontanea dei contributi si era già avviata, grazie ai siti delle organizzazioni umanitarie, presso i quali è tuttora possibile effettuare la propria donazione. Si è parlato nei giorni successivi di come questo evento abbia riportato alla luce una sensibilità del mondo intero, che si pensava ormai scomparsa. Per la verità, dagli anni della seconda guerra mondiale, non si erano più verificate le condizioni di una mobilitazione generale di scala così grande, e la presenza di uno strumento come Internet ne ha favorito l’avvio e ne ha permesso la crescita spontanea. Di fronte agli eventi drammatici della storia, a volte, si riesce a dare una misura del cambiamento del mondo e delle cose degli uomini.
Ma i detrattori non sono mancati neanche in questo frangente.
I molti allarmi lanciati nelle settimane successive a riguardo di un uso delle banche dati fotografiche dei bambini orfani da parte delle reti di pedofilia internazionale, sicuramente opportuni per prevenire e allertare rispetto ai rischi della diffusione di queste attività, in molti casi scaturivano da dimostrate “bufale”. Nonostante ciò, è innegabile che si sia potuto fare un uso aberrante di questo strumento, ma i casi relativi al ricongiungimento di famiglie o l’avvio di numerosi processi di adozione degli orfani, sono effetti positivi che ne superano di gran lunga quelli di un uso distorto e malato, come purtroppo è sempre riscontrabile nella natura umana – pensiamo allo sciacallaggio di alcuni, mentre la maggior parte dei sopravvissuti si adoperava per aiutare.
La velocità dell’informazione, il proliferare di contatti sulla Rete e la raccolta di fondi spontanea per mezzo di Internet hanno ancora una volta sollevato critiche a suo riguardo, di essere ragione di caos e confusione, cioè di generare un flusso incontrollato di azioni che sfuggono a criteri organizzativi ordinati dai governi.
Ci troviamo ormai in un mondo nel quale non solo l’informazione e la comunicazione corrono veloci e fuori controllo, ma ogni singola persona ha il potere di agire e contribuire individualmente a modificare le cose, con pochi mezzi e la sua iniziativa.
In quei giorni, anche la divulgazione scientifica ha avuto un ruolo importante nel far comprendere a molti di noi cosa possa avvenire in quelle circostanze, mettendo sull’avviso i molti turisti di zone sismiche per il futuro, cioè contribuendo alla conoscenza.
Una conoscenza che le centinaia di migliaia di asiatici morti non avevano, come le centinaia di somali travolti dall’onda a distanza di nove ore dal terremoto e che nessuno ha avvisato. Per loro le informazioni non corrono veloci.
Questo è il vero problema di Internet, che ancora è un privilegio di una metà del mondo, mentre l’altra non ha neanche il telefono, e si affanna ogni giorno per un po’ d’acqua e di cibo.
L’evento di dicembre ha unificato la nostra metà di pianeta all’altra, la cui storia è di solito diversa dalla nostra.
Andrea Giovenali