Pubblico, ottobre 1999
Alla fine di ogni estate per i ragazzi che avevano vent’anni negli anni 70 si presentava un appuntamento irrinunciabile: il SIM, il mitico Salone della Musica. Erano quattro o cinque giorni di musica, dischi, strumenti e radio libere, una tribù si spostava senza sosta tra i rutilanti e rumorosi padiglioni della Fiera in preda alla più pericolosa frenesia e passione.
Sono passati più di vent’anni da quei giorni, ma la settimana scorsa, visitando lo SMAU, ho avuto un dejavu di fine estate.
Sono passati vent’anni e nulla è cambiato per migliaia di giovani – per la verità molti di più di quelli che ricordo al SIM – che ogni mattina hanno preso d’assalto ogni postazione PC, ogni videogames, e hanno raccolto adesivi e cataloghi che immancabilmente verranno accatastati in una polverosa e disordinata libreria, fino a che “mamma” non interverrà a buttarli via.
Per chi analizza i fenomeni sociali e i mutamenti negli stili giovanili, lo SMAU rappresenta la prova di come il fenomeno delle nuove tecnologie sia ormai uscito dal dominio e dal controllo degli addetti professionali, e come anche i giovani italiani siano ormai irreversibilmente contagiati da una nuova febbre.
Forse per gli operatori professionali che si aggirano per la Fiera nell’arduo compito di stringere accordi commerciali e sviluppare opportunità di business, l’orda di giovani ha rappresentato un crescente problema e disturbo in questi anni. Però non si deve dimenticare che, la ragione dello sviluppo degli affari in questo settore, non è da ricondurre a qualche centinaia di ingegneri e venditori, ma a una spinta sempre maggiore nella richiesta di strumenti e tecnologie da parte della gente per usfruire di servizi e opportunità di intrattenimento sempre più numerosi, grazie anche all’avvento di Internet.
A questo proposito va sottolineato che lo SMAU e Internet hanno sempre avuto un rapporto conflittuale. Nato come il Salone delle macchine e attrezzature per ufficio, la manifestazione si è abilmente rimodellata nel tempo per dare spazio a questa invadente presenza di Internet, che a tutt’oggi, però, aleggia un pochino in ogni stand e ha trovato una collocazione “consumer” nel padiglione Internet World, in verità abbastanza contenuto nelle offerte e nel numero di aziende espositrici.
Internet è “hype”, come direbbero in Silicon Valley, perciò vi sarà capitato di sentir parlare di Internet da parte di ogni espositore più o meno legittimato: anche la cassiera del bar mi ha boffonchiato a modo suo una frase nella quale sembrava prendersela con Internet.
Ma quest’anno la vera parola chiave del Salone è stata “e-business”…
Se aveste raccolto su un foglio di carta le definizioni date a questa espressione da parte delle centinaia di espositori che la “sponsorizzavano”, vi sareste ritrovati all’uscita di Porta Metropolitana con un’enciclopedia e con un dubbio atroce, che “e-business” sarà l’argomento sul quale nei prossimi dodici mesi verteranno le decine di conferenze e convegni che l’anno scorso sono stati dedicati all”‘e-commerce”.
Oggi quello che appare un po’ meno chiaro è proprio questa commistione tra b-to-b e b-to-c , tra PMI e Internet companies, tra e-commerce e e-business, interpretazioni e definizioni di un fenomeno che non appartengono ai ragazzi di vent’anni che affollano i padiglioni, una rivoluzione dalla quale sanno già trarre il massimo del vantaggio per sé stessi.
Nonostante ciò, lo SMAU è un momento sempre più importante per le aziende nel favorire lo sviluppo di un mercato fondamentale per la nostra economia e società. Più questa manifestazione saprà muoversi in futuro nella direzione “consumer” e più questo contributo sarà determinante per la modernità di questo paese, sempre un po’ in ritardo.
Andrea Giovenali