Pubblico, luglio 95
“La rete ha i giorni contati”, “Poche settimane al definitivo collasso di Internet”, “Le aziende che usano la rete prese d’assalto dai pirati”, “Internet, un gioco alla portata dei ricchi” .
Un certo giornalismo chiassoso e rissoso ha cominciato la sua azione di disinformazione anche in merito a un fenomeno di importanza epocale che consentirà a milioni persone di ampliare la propria conoscenza, come mai era avvenuto dall’invenzione della stampa in avanti.
Non vi è dubbio che la rete, nata spontaneamente per volontà di pochi, oggi faccia fatica a sostenere il traffico di tanti. Ma questo è già accaduto nella storia di ogni mezzo di comunicazione e informazione per il quale, dopo una fase di nascita e di espansione contenuta, si è reso necessario il sostegno di investitori per proseguire nel suo cammino di crescita. E così sta avvenendo anche per Internet, verso la quale i grandi gruppi di telecomunicazioni e di informatica hanno già indirizzato le loro scelte strategiche di sviluppo dei prossimi anni. Il prezzo da pagare per il loro intervento sarà quello per il quale la rete diventerà anche un veicolo d’informazione commerciale, ma grazie a ciò il reticolo non sarà più formato da sentieri, ma da strade asfaltate che garantiranno la funzionalità del servizio a tutti i livelli.
Chi addita come uno dei principali aspetti negativi della rete quello della scarsa sicurezza, forse dimentica che le sue lunghe discussioni telefoniche potrebbero essere ascoltate in ogni momento da chiunque, e che pertanto anche un fax di una relazione molto riservata potrebbe fare la stessa fine. Il problema della riservatezza delle informazioni si porrà tanto più, quanto più saranno potenti i mezzi di trasmissione e ricezione delle informazioni, ma la ricerca tecnologica si spingerà di pari passo per trovare le soluzioni. Le opportunità e i vantaggi derivati dall’uso della rete per aziende e privati rappresentano il miglior motivo per stimolare l’industria della sicurezza.
E non ultima, ma forse la più sottile accusa, quella che la rete è un’opportunità per pochi, per quelle famiglie che si possono permettere un PC, o di dare un’adeguata istruzione ai propri figli. L’importanza della rete per l’apprendimento e la conoscenza è tale per un individuo, che non è auspicabile che essa resti fatto per pochi intimi. Ma ogni innovazione nella storia ha avuto un porta d’ingresso nella società, spesso coincidente con la parte più colta o più benestante. Non ho avuto la fortuna di vivere l’avvento della televisione, che dai racconti dei genitori si tramanda come una festa che si mutuava una sola sera alla settimana nella casa della famiglia più fortunata o meno segnata dalle vicende della guerra e che si era potuta permettere uno dei primi televisori valvolari.
E così avveniva per i quotidiani nell’800, o nei Radio Days di Woody Allen, fenomeni per pochi, diffusi poi nel tempo a tutta la società.
Quello che è importante è il tempo, quello nel quale l’industria informatica riuscirà a contenere i costi di produzione per rendere accessibile un PC a tutte le famiglie, così come è avvenuto per il televisore, ma anche il tempo utile a creare una consapevolezza sui benefici della rete a tutti i livelli della società. Nell’epoca dell’informazione, dove le notizie impiegano pochi secondi per attraversare il globo, questo avverrà in tempi sicuramente più veloci di quelli che sono stati necessari alla televisione per aggiudicarsi l’attributo di mezzo di massa.
Ciò che è importante è diffondere un’esatta dimensione del fenomeno, mantenere un equilibrio tra sterile nihilismo e facile entusiasmo, favorire la conoscenza sui vantaggi dei new media a tutti i livelli.
I giornali hanno una grossa responsabilità in questo processo d’informazione, in particolare perché la rete costituirà per essi un’importante sbocco alternativo alle edicole nell’arco di alcuni anni, e una fonte di risorse aggiuntive senza le quali la stampa potrebbe definitivamente soccombere alle pressioni e alla concorrenza dei mezzi elettronici.
Siamo d’accordo sul fatto che l’importante ora sia parlarne, anche se i mezzi di informazione dovrebbero imparare a osservare e valutare i cambiamenti in atto più con gli occhi del futuro, e un po’ meno con quelli del presente.
Andrea Giovenali