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Il mondo in una stanza

Racconto tratto dal libro “Stanze segrete” di Paolo Casti, 1998

Non vorrei mai sentirla, soprattutto di domenica.

In un mondo che cambia, dove tutto cambia, il rumore delle sveglie è sempre lo stesso. Da quindici anni a questa parte hanno solo trovato il modo di evitarmi di cercare a tentoni nel buio il pulsantino per interrompere quel maledetto “biribiribi-biribiribi”: adesso basta muoverle vicino una mano e la sofferenza è solo rimandata di qualche minuto.

Prendo coscienza, e mi rendo conto che sono le sette e mezza di mattina, anche oggi, sarebbero potute essere le nove, ma ieri sera non ho spostato la lancetta verde sul fatidico numerino.

Non importa, il bilancio della settimana è stato buono anche se la domenica le endorfine ti fanno pulsare un po’ le tempie, e l’inerzia impressa da un paio di viaggi e tre o quattro appuntamenti al giorno si sta esaurendo solo ora.

Oggi evado dalle responsabilità, non mi faccio la barba, mangio quando mi pare, non mangio per niente, o mangio “diverso dal solito”, mi infilo una tuta e non rispondo al telefono, è così che mi va oggi.

Pan cakes, sì pan cakes col preparato in polvere, non importa cosa c’è dentro, e succo d’acero, ma quello finto, nel bottiglione di plastica. Tanto gli altri il brunch oggi se lo sudano al solito posto dove devi prenotare lunedì per la domenica, dove le “egg benedectine” te le portano senza la salsa olandese e il pane è tostatissimo, bruciato.

Oggi mi rifugio senza compromessi e mediazioni nella mia sala, quattro per dieci, tre finestroni di luce autunnale, due divani ad angolo, un caminetto e due poltrone, un tavolo e una libreria, due tappeti heriz, che a me “piacevano quelli perché sono colorati e grandi, ma anche perché costavano meno degli altri”.

“A U G U R I ! S E I    U N   A N N O   P I U   V E C C H I O   E   L O   D I M O S T R I” gli auguri a un carissimo amico in SMS sul telefonino, un compagno di scuola e compagno di goliardate giovanili, tanto lui dorme perché ieri sera avrà fatto tardissimo, e se io perdo l’occasione, poi mi dimentico di farglieli. Bit che partono, volano e si posano, bit che avvisano quando arrivano dall’altra parte della città, bit che sollecitano un sorriso, e basta, senza quelle frasi che dette al telefono o di persona suonano più pesanti perché si è veramente più vecchi, e lo si dimostra davvero.

Tavolo, libreria e computer, computer che bello finalmente colorato e poco ingombrante, apro la barra degli strumenti, CONNESSIONE.

Sberleffi e pernacchie analogiche, che strano linguaggio per   metterti in contatto con il mondo, quello che non è grande come quel paesone della mia città, e non è ingessato come questo protettorato di paese, ma è proprio il mondo, come dice quello spot con tante facce, etnie e culture “Are you ready?”.

Trent’anni di vita di Internet, e loro mi domandano se sono pronto, non lo so, forse sono arrivato tardi, mi consolo perché c’è qualcuno che è più in ritardo di me, magra consolazione.

Ma anche questa mattina che faccio il salto, il timore è che il mio provider questa mattina sia rimasto a dormire, e non sia pronto a farmi visitare il mondo. Le lucine blu chiedono bit, quelle verdi rispondono, comincio a succhiare bit, yes, I am ready.

Prima fermata, la posta gratuita sul Web, nome utente, password, c’è sempre qualche nuovo messaggio che aspetta risposte o soltanto di essere letto.

Amico, notizia, collega, notizia, spamming, collega, collega, venerdì erano le due del pomeriggio quando ho controllato la posta per l’ultima volta, e si vede, rispondo, cancello, inoltro.

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Non importa se è una macchina che risponde, è gentile, più gentile e disponibile di una commessa del negozio di libri in centro, che oggi evito.

http://www.nasdaq.com , come hanno chiuso le IARC venerdì, due lirette messe su un titolo che ha perso un sacco, ma altre sono state meglio investite. IARC, Information Architect, una società che faceva consulenza per lo Y2K, chi sono, boh, perché ci ho messo dei soldi, mah…

Il 14,7% in un giorno, se ci avessi messo altri dieci milioni adesso ne avrei quattordici e settecentomila, non è possibile…

mp3.com, succhio musica, incredibile!

Negli anni ’70 la SIAE ti metteva i sigilli alla porta se trasmettevi i dischi in FM, adesso mi scarico un album intero, non li conosco, strana musica, non importa è un pezzo di mondo gratuito anche questo, che mi resta in testa.

Nuove uscite di jazz, il nuovo di Bob James, ascolto venti secondi, e poi altri venti del track 2, è sempre lui, un po’ sdolcinato, ma per la domenica mattina e per l’auto va bene, quando vado nei negozi non riesco mai ad ascoltare i CD, lo compro e compro anche Offramp di Pat Metheny, mi manca.

Inserisco i numeri dell’Amex, è sempre una sfida, non ci sono problemi, ma è sempre un’ebrezza, perché è più veloce di tirare fuori il portafoglio, perché loro non passano la matita rivelatrice sulle tue cinquantamila sudate, per il nuovo mondo i soldi sono solo bit che vanno e che vengono, non c’é più carta da controllare.

CHECK NEW MESSAGE

From: <giovenali@prodigy.net>

To: <giovenali@hotmail.com>

Date: Thu, 22 October 1999 01:20:59 -0700

X-Priority: 3

Hello. My name is Giovenali from the United States, I saw your name while I was browsing the internet, was wondering if you might be a relative. would be interesting to find out. Could send more Info. if you like.

Non ci credo. Millantatori… o parenti? La mia famiglia ha perso contatto con un fratello di mio nonno che è andato a vivere negli Stati Uniti all’inizio del secolo, una storia come tante altre, quasi cento anni di separazione.

REPLAY , mio padre sarebbe contento di ritrovare persone dimenticate nell’Ohio, poi lo chiamo e gli dico che è ora che si apra un abbonamento gratuito a Internet, non costa e riserva sorprese uniche.

Cosa succede nel mondo, news a volo radente, solo quelle che valgono e che vengono da fuori dei nostri confini, c’è più realismo nel vedere le cose che succedono da noi con gli occhi di un inglese o di un americano, stimola l’autocritica e l’analisi, aiuta a progredire.   New York Times, FT, Business Week e anche un pizzico dell’Industry Standard, quello che ti fa sempre un po’ male quando lo navighi, perché loro con l’economia di Internet ci riempiono un giornale di duecento pagine ogni settimana. Mi porto in casa, nella mia sala, frammenti di storie, idee, persone, fortune, una volta si trovavano solo all’edicola di Piazza della Scala, adesso è chiusa, ma la vista sul mondo è un po’ più aperta.

Ma che tempo infame! Domani devo andare in macchina a Torino, e se continua a piovere mi dirotto sul treno, http://www.meteo.it , con le previsioni a 24 ore, decido.

Fame. Domenica sera = pizza. Questa sera c’é il derby, non che me ne importi qualcosa, ma la pizzeria d’asporto del quartiere ti chiede tre quarti d’ora per portarti una pizza, tutti in fila accalcati tra la vetrina e il bancone dalle sette in avanti, e I vestiti che puzzano di fritto quando esci.

http://www.pizzaexpress.it , a New York c’è anche un sito dove ordini le cassette di Blockbuster e te le portano a casa con gli Oreo e i Pringles alla crema di cipolle, clicco su una “tirolese” con lo speck e scelgo nel menu a tendina DOPPIA MOZZARELLA, magari un giorno a Milano qualcuno si deciderà a portarti a casa anche il sushi, magari…

Mentre aspetto, comincio a prendere contatto con la nuova settimana, scorro i giorni e le ore sul Palm, quante cose nel TO DO LIST…lo infilo nel cradle, faccio l’hot-synch, perché se succede qualcosa all’agenda non so più da che parte girarmi.

Che strana calma la domenica sera, mi guardo intorno, quattro mura un po’ di mobili, due tappeti, e uno schermo acceso, pixel e colori, immagini e testi, bottoni e link.

Forse ha veramente finito di portarmi il mondo in casa.

…DRIIIN…”A che piano?”, apro la porta e vedo il fattorino tutto inzuppato. “…saluti e grazie”, la pizza in una scatola quadrata. Questo è l’ultimo pezzo di mondo per oggi, e me lo gusto con una birra ghiacciata 😉

Andrea Giovenali