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Idee per una pay-per-view di successo

Pubblico, 17/7/96

Sembra che questa volta debba accadere veramente. Le prime piogge di Settembre, porteranno anche una pioggia di bit dal cielo che cadranno sul nostro paese e che daranno vita alle prime forme di Tv pago-per-vedere, o più musicalmente detta “pay-per-view”.

Forse il satellite Hot Bird II dal quale verrà irradiato il segnale digitale di Telepiù è anche in ritardo, ma ormai è fatta: finalmente l’Italia si potrà aggiungere alla schiera di paesi nei quali da tempo, per politiche di sviluppo del sistema dell’informazione diverso dal nostro, sono già disponibili servizi evoluti di televisione. Il risultato sarà una maggiore opportunità di scelta per l’ascoltatore televisivo, una “internazionalizzazione” del nostro paese, nel quale si potrà scegliere di uscire dalla gabbia dei varietà delle sei, ormai otto, reti generaliste italiane; si instaureranno nelle famiglie italiane anche nuove logiche di spesa per l’intrattenimento, quelle destinate alla visione di un singolo programma per ogni componente della famiglia.

Credo di essere incappato la prima volta nell’argomento della Tv satellitare, quando Astra era appena stato lanciato, i tetti delle villette mono-famigliari inglesi si affollavano di parabole, e noi italiani, un po’ sognatori e un po’ pionieri, vivevamo una profonda frustrazione perché si era soliti sostenere che -“il problema della lingua inglese è un ostacolo per l’Italia” – e perché il “foot-print” di Astra interessava solo il Nord Europa e dall’Italia era necessario una parabola da fare invidia a un osservatorio astronomico. Credo che fosse il lontano 1988, o giù di lì.

In Italia la rivoluzione della DSTv passa dal calcio, fenomeno televisivo che ha costruito il successo di Canal Plus in Francia e che funge sempre da cavallo di Troia per far entrare nelle case ogni nuova offerta televisiva. La tradizione vuole che il nostro paese sia il più “calcistico” al mondo, e se vale una regola di proporzionalità, le partite di calcio a pagamento possono teoricamente spingere la richiesta di abbonamenti molto in alto, tanto in alto da colmare i ritardi del nostro paese in questo settore.

Ma esistono alcuni importanti aspetti che dovranno essere rispettati nel lancio e nello sviluppo di questo servizio:

A) Il decoder . Stiamo assistendo ad una vera guerra europea tra due grandi blocchi, quello di Bertelsman/Clt/Canal Plus da un lato e quello della cordata Kirch/Murdoch/Rupert dall’altro. La posta è quella dell’affermazione di un unico standard tecnologico nelle famiglie europee, che permetta di codificare il più ampio numero di canali digitali, ovviamente i propri e quelli del proprio partner e alleato. Il conflitto si è spinto a tal punto negli ultimi mesi da convincere la UE sulla necessità di preparare una direttiva che preveda la realizzazione di un unico standard tecnologico al quale i contendenti si dovranno adeguare.

Nel frattempo, Telepiù, pur appartenendo anch’essa a una delle due “cordate” (la seconda per l’esattezza), sembra sia intenzionata ad immettere sul mercato un decoder tutto italiano, ovvero secondo logiche tecnologiche che potrebbero isolare in futuro il telespettatore italiano dall’offerta di canali esteri, diversi da quelli contenuti nel pacchetto (CNN, BBC World, MTV ecc).

Questa, per quanto si possa ritenere una tecnica di presidio nei confronti della concorrenza, si può rivelare un autentico boomerang nel tempo. Infatti, la storia ci insegna che i grandi conflitti come quello tra VHS e Betamax, non sono stati risolti da un produttore che ha prevalso sull’altro, in quanto entrambi partivano convinti della bontà del proprio prodotto e fecero tutti gli sforzi per disturbare il concorrente. La vittoria del VHS sul Betamax, con enorme frustrazione delle famiglie che avevano scommesso sul cavallo sbagliato, fu conseguenza di una precisa scelta dei produttori di audio-visivi che si orientarono al sistema VHS, creando un’offerta ampia di “software”.

Perciò sono il contenuto e l’offerta di canali che, anche in questo caso, determineranno l’affermazione di un’hardware, e un investimento teso da subito a favorire una ampia scelta di canali aiuterebbe il nostro paese a non essere considerato come “quello dove c’è il decoder che non serve”, emarginandoci di fatto e nuovamente. Insomma, speriamo di non morire di solo calcio a pagamento.

B) La politica di offerta . È innegabile che tutta l’operazione sia in ritardo, e mentre state leggendo queste righe, la campagna di lancio sarà già partita. A fronte di un pacchetto di abbonamenti complesso e articolato come quello proposto da Telepiù, forse proprio per la volontà di offrire la più ampia flessibilità, è necessaria una proposta chiara nei modi e nei tempi. Infatti, il successo di un tale servizio, il cui grado d’innovazione è assoluto rispetto al modo di concepire la televisione nella famiglia media italiana, sarà anche conseguenza di modalità di comunicazione chiare e semplici.

In merito al prezzo, esso rappresenta sicuramente una soglia importante di costo, considerando anche l’installazione ex-novo della parabola. Nelle nostre città si vive perlopiù in condomini, e ciò implica lunghe battaglie con amministratori e vicini di casa per l’installazione di una parabola, anche pro-domo propria. Il cocktail per scoraggiare l’utente medio televisivo urbano c’é, mentre l’offerta potrebbe interessare di più un utente tradizionalmente meno televisivo e con alto potere di spesa. Ma questo telespettatore, è lo stesso che è interessato al calcio, o più alle Tv Sat estere?…È un bel problema di marketing.

C) I numeri . Ovvero quelli che assillano sempre chi pianifica la pubblicità e chi la deve vendere. La prima esperienza con Telepiù (1 e 2), ci ha insegnato come pianificatori di spazi a considerare questi due canali esattamente quello che sono dopo diversi anni dalla loro comparsa: due canali di nicchia.

Ciò ha rappresentato una grande opportunità che non era mai esistita prima: parlare pubblicitariamente e tematicamente a precisi target televisivi, enfatizzando non solo la performance quantitativa in termini di contatti utili, ma anche qualitativa, realizzando stupende sinergie tra contenuto del commercial e contesto della rete. Tutti noi conosciamo l’effetto piacevole di uno spot Nike in un match di Wimbledon, e quello devastante di un pannolone in un telegiornale di notte fonda.

L’avvento della pay-per-view, deve essere letto e sfruttato così da subito, un’ulteriore opportunità di mirare i nostri spot in modo più preciso e meno dispersivo. Una valutazione basata su logiche quantitative sarebbe fuorviante, fuori luogo e potrebbe generare quell’effetto di entusiasmo disilluso che provò il mercato alla nascita di Telepiù.

Detto ciò, ritengo che il lancio di Telepiùcalcio e della Tv Digitale in Italia sia un evento al quale non assistevamo più fin dagli anni 70, epoca dell’avvento delle Tv private, una novità destinata a cambiare lo scenario televisivo italiano, un po’ ingessato e paludato, immettendo nel circuito dei media quel tanto che basta di tecnologie e libertà di scelta per il telespettatore che sono i requisiti di una televisione moderna e avanzata.

Un fenomeno al quale chi pianifica spazi pubblicitari per le aziende dovrà portare grande attenzione dal primo momento, per una serie di ragioni che vanno dalla semplice ridistribuzione di quote di ascolto, alla possibilità di evitare dispersioni su un mezzo a grande espressività come la Tv.

Se ancora qualcuno è scettico, basta pensare al fatto che solo in un paio d’anni l’offerta di Telepiùcalcio potrebbe contribuire alla comparsa di un numero di parabole sui nostri tetti simile a quello cumulato negli ultimi dieci anni.

Tanti auguri alla prima pay-per-view italiana.

Andrea Giovenali