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Network sociali e imprese

Tempo Economico 2006

Le leggi del marketing a confronto con i nuovi mondi

In queste settimane non si fa che parlare di ” social network “, quelle comunità come myspace.com, che stanno aggregando spontaneamente milioni di utenti che pubblicano propri contenuti ( user content generated ), o come le migliaia di blog che nascono e crescono ogni giorno. Sono facce di uno stesso fenomeno: quello che consiste nella possibilità di esprimere la propria opinione, raccontare sé stessi, contribuire attivamente alle cose del mondo, che è conseguenza del propagarsi di reti e connessioni tra le persone, grazie ad Internet. Ma più che parlare dei milioni pagati da Murdoch per myspace.com, o i possibili ricavi futuribili di questi nuovi media creati da e con le persone, vorrei sviluppare una breve riflessione sulle potenzialità sociali di questi “luoghi” virtuali rispetto alle esigenze delle imprese, le imprese del nuovo millennio, quelle definite “a rete”, e che sono costrette a confrontarsi con la complessità del nuovo, fatto di multi-culturalità e ridefinizione continua delle regole del marketing ” come l’abbiamo conosciuto “.

I principi della nuova impresa dell’inizio di questo nuovo millennio consistono nella sua capacità di adattamento all’indeterminazione degli eventi, alla sua fisionomia modulare, alla necessità di competere globalmente e di costruire un rapporto veramente dialogico e progettuale con il cliente, che preveda un’alleanza di tipo collaborativo.   In questo senso, le teorie di Comte che prevedevano che la ricerca di come si producono i fenomeni è ricerca delle loro leggi, cioè delle regolarità con le quali i fenomeni si presentano e succedono gli uni agli altri, non trovano più applicazione nel nostro mondo, perché le leggi non sembrano esistere più o sembrano cambiare in continuazione. Si è già giunti da tempo alla conclusione che l’approccio razionale e scientifico che ha contraddistinto le leggi del marketing dei nostri ultimi cinquant’anni non è più sostenibile per governare il fenomeno del consumo, quindi per analizzarne i contorni, comprenderne con esattezza le dinamiche di sviluppo e stabilire la progettualità di un’impresa nella creazione e commercializzazione dei suoi prodotti. Le tecniche di ricerca che analizzano una persona come soggetto rappresentativo di un fenomeno di consumo estendibile a persone a lei simili in quanto a caratteristiche socio-demografiche sta diventando uno dei più critici e pericolosi esercizi di determinazione delle leggi del consumo, per definire fenomeni che disgraziatamente prendono ormai sempre corsi diversi da quelli stimati e ipotizzati, e su cui un’impresa ha scommesso pesanti denari. Quello a cui non si è giunti ancora è quale possa essere il nuovo metodo di comprendere i fenomeni. Allora, una strada che ci propongono i nuovi network sociali potrebbe consistere nel fatto che l’impresa non possa più governare o impartire la direzione ad un fenomeno, ma quello di essere dentro il “fenomeno”, parte di esso, i cui attori e alleati principali siano proprio le persone – non più effettivi o potenziali consumatori – con il loro agire e il loro produrre informazione. Sì, perché le persone oggi producono tanta informazione volontariamente, e questa generazione di opinioni può costituire un nuovo valore di scambio con le imprese, fatto di coinvolgimento e collaborazione pro-attiva nel concepimento di ciò che più è espressione del fenomeno, non come suo fattore generativo. Oggi la frase per la quale “i mercati non esistono, ma si creano” dovrebbe essere analizzata alla luce del cosa sia un mercato in questa fase storica, e come sia effettivamente possibile crearne uno. I mercati non sono più – forse non lo sono mai stati – astrazioni a cui assegnare delle leggi prodotte su osservazioni da laboratorio per le quali la cavia è l’homus consumantis, ma contesti nei quali le persone vivono, agiscono, pensano e decidono. Secondo Marx, la separazione del valore d’uso dalle cose, avrebbe prodotto il concetto di merce e del suo valore di scambio nella società industriale, ciò che avrebbe causato infine anche una separazione tra gli individui stessi. E oggi che, nell’era post-moderna e post-industriale, le persone si aggregano nei social network e non producono più solo beni materiali, ma informazione con Internet? Questa informazione, proprio perché prodotta e resa accessibile e disponibile dalle persone a tutti, ricopre un valore importante per comprendere l’essenza di molti fenomeni e nuove correnti sociali, e il suo attento ascolto non può che giovare alle imprese, che di questi fenomeni sono ovviamente parte in causa, proprio perché fatte da persone. Questa comprensione non consiste però nel subdolo sfruttamento delle informazioni e dei contenuti dei social network, come si dovesse osservare una reazione in laboratorio dietro ad un vetro. Se avete mai provato a curiosare in myspace.com, a meno di non appartenere già ad uno di quei centinaia di mondi sociali lì presenti, vi sarete domandati quali siano i significati di un certo agire e rappresentarsi delle persone, magari provando anche un misto di curiosità e sconcerto. Il principio è considerare le persone come attori dell’impresa e del processo di creazione e concepimento del prodotto, grazie alla loro informazione in merito a quello che meglio è già parte, o potrebbe farne, delle loro centinaia di mondi diversi.

Andrea Giovenali