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La promessa della Tv sul telefonino

Tempo Economico 2006

Costi, contenuti, fattori sociali come banco di prova

Gli operatori tradizionali della Tv si affannano per arginare la transumanza su altre offerte televisive e il progressivo invecchiamento dell’audience – non ultima l’invenzione di considerare come standard del mercato pubblicitario quella che taglia fuori le fasce più anziane, che annullerebbe i proclami di questi ultimi anni a riguardo della “terza età” come fascia interessante per il marketing.

Mentre ciò accade si delinea all’orizzonte un nuovo approdo del popolo televisivo italiano: la Tv sul telefonino.

Intorno a questo promettente business si stanno facendo scommesse e guerre tecnologiche imponenti, vi sono interessamenti comunitari, proclami di futuro successo e di grandi numeri. Non v’è dubbio che la Tv sul cellulare si ponga, dalle premesse, più semplice da capire ai più rispetto ad Internet, più alla portata rispetto a disporre di un personal computer, e come tale, questo, è un fenomeno che sulla carta potrebbe correre veloce e interessare ampie fette di popolazione, soprattutto in Italia, dove la cultura televisiva è smisurata e il cellulare un optional per tutti già da alcuni anni.

Ma la ricetta del successo della Tv sul cellulare non è così scontata e deve tenere conto di aspetti economici, del tipo di offerta di programmi e contenuti, e di fattori sociali.

Partiamo dai soldi. Le attuali pionieristiche offerte di Tv mobile presentano costi che a dire degli utenti sono tutt’altro che abbordabili. Alla domanda posta agli utenti ” Ti abboneresti a programmi Tv “, la risposta è sempre ” Dipende dal costo “, rilevando la percezione degli utenti che il tempo, quando si guarda la Tv sul telefonino, scorre più veloce di quello di una telefonata alla moglie, e che il vissuto delle tariffe telefoniche sia inevitabilmente un elemento di raffronto. Per la verità, i prezzi applicati oggi sul mercato italiano sono più di quanto vario e articolato: chi fa pagare al minuto, chi a visione, chi in formula flat, per un abbonamento all inclusive. Questo non giova allo sviluppo iniziale del mercato, sebbene a guidare le scelte degli utenti, nelle intenzioni degli operatori, dovrebbero essere i contenuti più o meno premium ed esclusivi, e quindi anche più cari.   Ma ipotizziamo pure che, come si conviene, grazie a logiche di libero mercato e competizione, un giorno i prezzi si riducano fino a rendere la Tv sul telefonino più abbordabile, magari pagata da investitori pubblicitari.

La seconda questione riguarda i contenuti. Oggi, e anche domani, guardare la Tv sul telefonino significa regredire nel nostro modo di fruire ciò che da generazioni siamo abituati a guardare su diversi pollici. Ricordiamo come negli anni ’80 si tentò di imporre la Tv portatile – quella in UHF – e come il tentativo sia miseramente fallito. Il mondo sarà pure cambiato da allora, il telefonino permette anche di fare altre cose, non moltissime, ma alcune molto importanti, che lo rendono necessario, ma quello che deve essere cambiato è ciò che deve essere offerto nella Tv mobile. Questo nuovo medium richiede format specifici, legati all’occorrenza di chi è in movimento; format che fungono da estensione e prolungamento a ciò che accade sulla Tv tradizionale (ad esempio con i reality); oppure pillole di Tv, come goal, news, meteo; o contenuti la cui fruizione più o meno soddisfacente non toglie e aggiunge niente alla visione, come l’intrattenimento per adulti, che al momento traina i fatturati degli operatori e che sottopone l’utente ad un’esperienza vouyeristica dal buco della serratura. Che la fomula ” sesso e calcio ” sia valida anche per il successo della Tv mobile può essere possibile, ma oltre a questo poco altro di quello che conosciamo, e invece molto di quello che deve essere ancora creato di specifico per questo medium, analizzando e comprendendo di più le dinamiche di comportamento e le attese degli utenti, e dando libero sviluppo alla produzione creativa e sperimentale di nuovi modelli e format di Tv.

E infine la questione sociale, forse il banco di prova più importante. Un individuo guarda la Tv sul cellulare da solo. Questo riduce notevolmente le occasioni d’uso di questo servizio ai momenti nei quali non si è in casa – perché non accendere il televisore? -, ma anche in quelli nei quali non è possibile distrarsi. Perciò i momenti d’uso si restringono molto, a quelli nei quali ci si sposta trasportati, con eventuali problemi di tenuta del segnale, o quando il cielo è nuvoloso o è notte, perché l’LCD del cellulare alla luce del sole perde qualsiasi efficacia.

Quindi la Tv sul cellulare è un buon modo di trascorrere il tempo quando sono su un autobus e sto tornando a casa che è notte, ma non mi devo distrarre per non saltare la fermata. Non mi pare francamente una casistica da “grandi numeri” e da futuro dell’audience televisiva. Infine, se in alcuni casi la Tv tradizionale è anche un momento di socialità, la Tv sul cellulare è il funerale della “partita, amici, pizza e birra”.

Può sembrare una condanna, ma non è così. In attesa di tecnologie e apparati migliori, di contenuti ad-hoc e di una ulteriore involuzione sociale, il cellulare meglio sarebbe impiegato, e con maggiore utilità per se stessi, per navigare su Internet, sul quale si trova tutto. Ma si sa, l’Italia è l’esempio televisivo del mondo. E che allora la Tv sul cellulare sia almeno un sano e intelligente complemento della vecchia Tv, perché difficilmente potrà essere una rivoluzione copernicana della stessa.

Andrea Giovenali