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Dai nuovi media alla nuova pubblicità

Il Mondo ed.Smau 1996

“La morte della pubblicità!”, “La fine dei persuasori occulti”, “Le agenzie pubblicitarie cadranno in rovina” eccetera, eccetera.

Quante volte avrete letto queste frasi dal tempo in cui Internet, e in più generale i nuovi media interattivi, hanno fatto la loro comparsa e un pubblico sempre più ampio si sta interessando a questo fenomeno nascente.

O magari questo è anche il tuo pensiero, un’opinione che ti sei formato in merito al fatto che l’avvento di Internet e del Web originerà uno sconquasso nel mondo e nel modo di fare pubblicità, fino al punto di provocare la morte stessa della pubblicità. Oppure sei un sostenitore della teoria secondo la quale la pubblicità è liberticida (figuriamoci poi su Internet!!), invadente, scorretta, coercitiva, e via dicendo.

Ma chi l’ha detto? Chi può sostenere ciò? Come si può ipotizzare uno scenario così apocalittico e incredibile?…..L’argomento merita una riflessione.

Non è mai stato scritto da nessuna parte che la pubblicità vista fino ad oggi sia nata per essere scorretta, mentitrice, costosa, e anche criminale in qualche caso.

Tutta quella pubblicità meritevole di questa serie di attributi era, è stata ed è (aihme!!) ancora solo definibile “brutta e inutile” pubblicità, che non bada a due cose essenziali nel momento in cui viene realizzata: al mezzo di comunicazione che dovrà impiegare, ma soprattutto a un rispetto verso colui a cui si rivolge unicamente, il ricevente del messaggio e anche potenziale consumatore del prodotto proposto.

Vediamo il primo aspetto.

Ti sarai certamente accorto di quanto una pubblicità possa essere gradevole, bella, ma anche brutta, orribile, e incontrare o offendere i tuoi gusti estetici, culturali e i tuoi valori. La ragione di ciò non è solo imputabile alla qualità dell’idea – infatti anche un’idea e un linguaggio che a noi paiono orribili potrebbero essere di gradimento del nostro vicino di casa – ma al modo e al medium nel quale questa idea viene veicolata. Spot creati per la Tv diventati storie inanimate e statiche per le pagine a colori di una rivista, testi pubblicitari di una pagina di quotidiano usati per uno spot radiofonico, e via così.

Molti degli errori cumulati dai pubblicitari sono da imputare proprio a buoni messaggi, ma veicolati sui media sbagliati con l’errato linguaggio, e rivolti alla gente sbagliata.

Il linguaggio del Web è unico. Per comunicare qualcosa all’interno del Web bisogna parlare la sua lingua, quella che capisci tu e tutti quelli che navigano come te. Si deve fare in modo, ad esempio, che tu non spenda troppi secondi di telefono per scaricare la pagina di un’azienda sul tuo PC, si deve tenere conto del fatto che tu sei libero di usare il tuo PC come, quanto e quando vuoi. E chi realizza idee sul Web non può “mettere on-line” il catalogo dei prodotti di un’azienda, perché il Web richiede codici di comunicazione ben precisi e detta le sue leggi per essere consultati dai navigatori, o cadere per sempre nell’oblio virtuale.

E veniamo al secondo punto.

“La pubblicità è vessatoria perché vende sogni sintetici, che si possono realizzare solo acquistando un dato prodotto”…. ma qualcuno può sostenere che gli esseri umani che si affacciano al terzo millennio siano così sprovveduti e vulnerabili da credere che acquistando un oggetto possono cambiare il loro destino o la loro vita anche in minima parte?

Sì, forse la pubblicità ha adottato in anni diversi linguaggi che potevano essere più o meno tacciati di voler coercizzare l’ascoltatore Tv, ma è più verosimile dire che in quegli stessi anni andava bene così alla gente, alla società e…. anche ai pubblicitari. Le pubblicità Tv degli anni 50 e 60 e degli anni 80 sono esempi di come il linguaggio impiegato fosse espressione di una tendenza ben più vasta e massificata, e di bisogni e   valori ben identificabili nella società di quegli anni.

Ma il problema non si pone più, perché oggi il successo di un’azienda si ottiene avviando un dialogo con ogni singolo individuo.

Il mondo si frammenta, la società è sempre meno espressione di una massa indistinta, ma la somma di milioni di individui diversi, profondamente diversi uno dall’altro, come tu lo sei da chiunque altro.

E allora comunicare per un’azienda domani vorrà dire dialogare con ogni singolo individuo, avviare un rapporto a due vie, con le sue affinità, le sue simpatie, la condivisione di valori e di esperienze, e con il reciproco rispetto che si addice ad un rapporto tra due persone. Non vorrà dire “manipolare le scelte del consumatore”, ma creare le ragioni per le quali un individuo potrebbe scegliere il mio prodotto, e ciò è molto diverso perché significa co-evolversi. Ma come fa un’azienda a comunicare con ogni singolo individuo?

Il Web è il più potente strumento per realizzare questa forma di condivisione e dialogo one-to one tra aziende e persone, per dare a vita a quello che viene già definito il network-marketing.

Un’azienda è nello spazio virtuale e chiunque può entrare a visitarla a suo piacimento, e tornare a visitarla solo se troverà quello che la diverte, che gli serve e, soprattutto, se troverà aspetti condivisibili del modo di operare dell’azienda, che non stridano con i propri o che non mettano a repentaglio i propri principi di libertà. Se così non sarà il navigatore può scegliere di uscire dal “negozio” e non tornarci mai più.

Come in un dialogo tra due persone, per un’azienda sarà possibile parlare di musica con chi è interessato ad essa, di ecologia, di sport o quant’altro rappresenti un interesse per il navigatore; oppure potrà parlare di se stessa se quello che offre è di pubblico interesse e utilità; o altrimenti, potrà solo offrire un momento di divertimento al navigatore con un gioco o una sfida elettronica. E come in un dialogo, il navigatore accetterà se stare ad ascoltare cosa ha da dire l’azienda, vorrà dire la sua e pretenderà risposte alle domande che pone, e magari sarà pronto a rivelare il suo nome solo quando ha capito che di quella azienda ci si può fidare o ha da trarre opportunisticamente qualcosa per sé.

Ecco perché nel Web la pubblicità, o forse meglio definita la comunicazione tra l’azienda e il potenziale consumatore o acquirente, acquisisce il suo stato più nobile, diventa espressione massima del rispetto e del dialogo tra entrambi, perché a comunicare sono finalmente in due, e si realizza in un crogiuolo di linguaggi e forme, suoni e testi, movimento e immagini.

Ecco perché la pubblicità non morirà, almeno nella sua accezione più genuina e corretta, come non moriranno le agenzie e i pubblicitari, chiamati a riflettere sul cambiamento e sulla novità, spinti ad un evoluzione e alla sopravvivenza dalle leggi darwiniane imposte dal mercato del futuro, e dalla complessità dell’individuo.

Ma di comunicazione sul Web si deve occupare solo chi è esperto di comunicazione, e non solamente di Web, altrimenti, come quando a “fare la pubblicità” sulla Tv si erano messi un po’ tutti, rischieremo che presto si urli alla pubblicità inutile e brutta anche su Internet.

Andrea Giovenali